Prendo le distanze da me perché non voglio avere niente a cui spartire con me,
da condividere con chi come me non fa nulla per correggersi :
sono il mio nemico, il più acerrimo.
Carceriere di me stesso con la chiave in tasca invoco libertà
ma per adesso so che questa cella resterà sprangata
a triplice mandata dall' interno :
sono l'anima dannata messa a guardia del mio inferno.
Reprimo ogni possibile "me", inflessibile, inarrestabile
nel mio restare fermo immobile, segno i giorni scorrere sul calendario,
faccio la vittima, il mandante ed il sicario..
Sono l'Uomo Nero che turbava i sogni quando li facevo,
credevo di esser libero ma non mi conoscevo come adesso
ed ego non mi absolvo neanche quando mi confesso
dei peccati che ho commesso.
In cattiva compagnia soprattutto se sto solo,
negativo come i G in una picchiata, prendo il volo,
salgo, stallo e aspetto il peggio, che non sta nella caduta
ma nell'atterraggio come dice Hubert.
Malato immaginario più di quello di Molière,
sono il mio gregario e mi comporto da Salieri e non chiedermi il perché,
che come il Tethered quando perdo il filo poi non mi puoi più riprendere..
Vieni a prendermi o precipito, scivolo
come Maximillian verso il buco nero del fastidio.
Critico, m'arrampico su cattedre che non mi spettano
e mi accorgo solo dopo un attimo che esagero :
ma come al solito il danno fatto è irreparabile, la storia è irreversibile,
la mia memoria è labile e lavabile..
Abito quest'ombra con contratto ad equo-canone
pagando la pigione all'abitudine
prendendo l'eccezione come regola di vita :
sto di casa a pianterreno e gioco a fare lo stilita..
Vago, divago, come il dr. Zivago
io mi sbraccio e non mi vedi,
cerco mani e spesso trovo piedi,
cerco fumi e trovo lumi che mi bruciano,
ed io so bene che le cicatrici restano.
Carta, penna e poco più per stare a galla,
nella testa il mio pensiero è come un ragno in una bolla :
seduto in riva al fiume aspetta di veder passare il mio cadavere..
Pazientemente.